Giudici

Camilleri, Lucarelli, De Cataldo - 147 p. - Einaudi - euro 11,00

Data: lunedì, 17 ottobre 2011 - ore 21:11

E così il trio fa un ottimo lavoro.
Già apprezzati Camilleri e Lucarelli in coppia ("acqua in bocca"), si inserisce a braccetto Carofiglio e devo dire che il trio è notevole. Le storie sono belle, a volte complesse, a volte scivolose, alle volte ancora tratteggiano e sbeffeggiano, con citazioni underground, la politica del nostro tempo ed il rapporto che essa ha con i giudici, appunto.
Camilleri si lancia nel "suo", con la Sicilia a cavallo del secolo e con un personaggio che avrebbe da insegnare a molti suoi colleghi attuali, il comportamento corretto anche se attraverso l'ironia della beata ignoranza. Lucarelli pure non abbandona il terreno noto: sempre anni di piombo, sempre complotti e congiure deviate, insomma, il solito palcoscenico per un intreccio, anche qui, degno della migliore Italia "piombata"; anche qui con un personaggio che lascia il segno, con tutta la sua tenerezza. Infine, e non ultimo si chiarisce, arriva De Cataldo che pure tiene a stare nella sua terra, con il suo corredo di puglitudine e, che pure se non lo cita mai, pure senti il profumo dell'olio e del mare. Un po' contorta la trama (sogni a scatole cinesi) ma pur sempre efficace nel suo dipanarsi e, soprattutto, nel raccontare un finale che non t'aspetti.
Il minimo comun denominatore, resta sempre e comunque la percezione della vittoria della giustizia, anche se con un lungo strascico di illusioni; come se alla vittoria di questi magistrati, ciò che realmente rimane è solo l'illusione, appunto, della vittoria, non quella di una reale sconfitta della malavita e del malaffare e del malagire, aggiungo io. Criminali non lo si è soltanto perchè si spara o si uccide; criminali si comincia ad esserlo non appena si cerca la scorciatoia, il sotterfugio, l'aggiramento. Questo insegnano i "Giudici". Questo è quello che noi dovremmo imparare.
Andrea De Gruttola