Cunnilingusville

Augusten Burroughs – 278 p. – Mondadori – euro 15,50

Data: martedì, 20 marzo 2007 - ore 18:57

Una volta correva con le forbici in mano e il timore che potesse raggiungerci era tagliente; oggi, il buon Augusten ha messo la testa a posto. Si fa per dire. Eccolo di ritorno sui suoi più consoni temi auto-biografici osservati dal lato oscuro che li caratterizza. Di nuovo spaccati della sua esistenza, mescolati con estrema sensibilità omo a frangenti dove il buonismo è colorato a fosche tinte. Così, si passa da sublimi esegesi del sentimento amoroso al di là di ogni istinto riproduttivo (e perciò indiscutibilmente universale) a spaccati edonistici a mezzo sessuale consumati in circostanze raccapriccianti. Burroughs fa quello che deve fare uno scrittore irriverente newyorchese di inizio millennio: sparare a zero sulle paranoie compulsive della società americana e mietere vittime qua e là. Il suo umorismo tipicamente yankee (con una punta di acidità in più) tiene con giusto equilibrio sul crinale del “già visto ma non da qui” e del “non visto eppure ero lì”. Dunque spiazza con accostamenti blasfemi e aderenze sentimentali dal sapore panteistico. Per chi ha letto il primo Burroughs qui rimane un po’ deluso; si intuisce, ma non comprende, il precotto dell’editing per accontentare il successo già avuto. Magari, però, chi di Burroughs non conosce nulla (se non l’omonimia di cognome col più celebre William) può sbirciare, con sicura, morbosa soddisfazione, nel mondo iperrealista di uno dei più sagaci scrittori d’oltreoceano contemporanei.
Andrea De Gruttola
Pubblicato su LOGO n°4 apr 2007