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Il tempo che vorrei

Fabio Volo - 294 p. - Mondadori - euro 18,00

Data: lunedì, 18 gennaio 2010 - ore 18:23

Volo è rimasto tale. Sebbene la quota sia un tantinello più bassa de Il giorno in più, il Fabione nazionale, genio poliedrico ormai riconosciuto, tiene il passo con l’ormai vena tardo-generazionale cimentandosi in questa storia di formazione centrata su due soli aspetti però: l’amore per un padre dal carattere difficile e quello per una donna persa un bienno prima dei fatti narrati. Volo scende maledettamente nel privato, mascherando il tutto opportunamente ma parlando come potrebbe farlo il nostro miglior amico di sempre. Per questo fa centro. Perché parla semplice e dice le cose di tutti ma con giri di parole ben messe, che affascinano e non scadono mai nel rosa. Lo spaccato infantile del protagonista, Lorenzo, è ben descritto attraverso la figura retorica del Bar, punto di aggregazione di un’Italia che ormai sta scomparendo. L’ambientazione è un palcoscenico perfetto per il confronto padre-figlio in una famiglia stritolata dai debiti e infarcita di valori dal sapore antico di dopoguerra. Dopotutto, la figura della donna-madre-moglie che tiene fede al giuramento contro tutto e tutti mette il sigillo alla risoluzione del rapporto tra i due. Diverso è l’ambito con la Lei (mai chiamata per nome tranne nell’ultima frase del libro). Qui Volo dà il meglio di sé. Ed è la cosa che gli riesce meglio. La psicoanalisi della coppia, tra immagini iperboliche geniali e luoghi comuni che certe volte ammosciano, lascia spazio alla tenerezza ed alla brutalità dell’istinto sessuale che predomina sull’amore tra uomo e donna. Le sequenze dello scandaglio della vita a due che non c’è più, rimandano inevitabilmente alle migliaia di coppie che vivono una condizione di risulta negli agglomerati urbani, tra metri quadri sempre più scarsi e l’unica, vera risorsa d’adattamento che è l’amore, quello vero per intenderci. E’ proprio qui che si estrinseca il messaggio: l’amore salvifico, quello che sconfigge i mali della vita. A patto, però, che non abbia come motore soltanto l’insopportabilità della solitudine, o il mancato raggiungimento di un obiettivo chiaro a tutti in un modo o nell’altro. E a filtrare il tutto, i caratteri degli esseri umani, veri arbitri della partita.
Andrea De Gruttola

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