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InferNapoli

Peppe Lanzetta - 264 p. - Garzanti - euro 16,60

Data: giovedì, 13 ottobre 2011 - ore 14:41

Non ho più dubbi: il Lanzetta lo si attende come le vacanze estive. Non sbaglia un colpo. E' un Bosch dei giorni nostri in forma letteraria. Come dipinge lui la Napoletanità, nessun'altro fa. Le sue vecchie raccolte di storture infernali del passato erano un coacervo delle pià incredibili decadenze che si potessero immaginare in una città di un paese, diciamo così, sviluppato. E tu eri lì che proprio no ne potevi fare a meno di stare a leggere di cose che neanche avresti immaginato.
Se vogliamo fare un paragone decente, Lanzetta sta a Caino come De Luca sta ad Abele. Il secondo dipinge la Napoli romantica, ammantata di quella pittoresca tristezza meridionale fatta di vicoli, donne anziane che hanno visto la storia (e pure fatta) e che trascendono la realtà; il primo invece, dà un'istantanea della città partenopea come di un'enorme cloaca nella quale nessuno, e sottolineo nessuno, può tirarsi fuori. Così, quando termini un De Luca non vorresti mai svegliarti e stare a sognare per tutto il tempo, finchè ce nè, finchè è possibile; quando invece leggi Lanzetta, tutto quello che vuoi fare è svegliarti, e subito, prima che gli incubi ti mangino vivo e ti traumatizzino l'esistenza.
Infernapoli è tutto questo, il titolo parla chiaro: qui non si sogna, qui si assiste e si commenta il degrado, lo sfascio, fuori e dentro, una parabola discendente che trascina tutto e tutti verso il baratro, l'inferno, appunto. E te la tiri giù tutta d'un fiato questa storia di un "padrino" posticcio, in chiave moderna ma non più di tanto, alle prese con la normalità di padre e di marito e l'altrettanto, apparente normalità, di diavolo in terra. E Peppe Lanzetta non lascia delusi, ancora una volta racconta come si deve, poetico quanto basta, anche se le sue parole non parlano di odori e riscatto nella povertà e sogni che si dipanano tra vicoli odoranti di pane fresco e voci concitate. Qui si sente la polvere da sparo, il sangue e la merda che scorre sotto, qui si sente lo zolfo del male, quello ceh proviene dalle viscere della terra. Dall'Inferno appunto, quello campano. Infernapoli.
Andrea De Gruttola

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