Sognando L'Avana
Peppe Lanzetta - 150 p. - Cento Autori - euro 15,00
Data: domenica, 19 gennaio 2014 - ore 19:6
Leggere Peppe Lanzetta non è mai esercizio banale. Ho fatto fuori stamattina "Sognando L'Avana", l'ultima sua opera e mi sono rovinato la giornata. I romanzi di Lanzetta sono buchi neri per i buoni propositi, veri e propri punti singolari da cui impossibile sfuggire in tutti i sensi. La gravità esercitata dal testo cattura innanzitutto la lettura: inutile nascondersi dietro un dito, la morbosità della trama non ti permette di riporre il libro sul comodino, devi andare avanti, finire, divorare e fare tue le pagine, capire e vedere fin dove si può spingere la depravazione fisica e morale dell'essere umano: in questo l'autore è maestro, niente da obiettare. La metabolizzazione viene dopo, veloce e deleteria ed è per questo che poi non ti ripigli rapido. Sì perchè già il substrato creativo del nostro pesca in un coacervo di squallore che è come assistere a Zambia-Brasile all'epoca di Pelè, una sconfitta annunciata. Tutti i protagonisti si mettono su un ottovolante e vanno su e giù tra ottimismo, colpi di reni redentivi, tonfi depressivi e svolte negative. Il lettore segue dietro, senza possibilità di scampo. Hai voglia di tentare di scendere, non se ne parla nemmeno. Per questo ti rovini la giornata, perchè Lanzetta ti costringe a guardare, non puoi cambiare canale, non puoi voltarti dall'altra parte. Sei già fottuto dal momento in cui quel libro entra in casa tua. Io sono perfettamente consapevole perchè l'autore lo conosco bene, ho letto quasi tutto di lui, l'ho incontrato di persona, ho apprezzato la parentesi di "Giugno Picasso" appunto perchè una parentesi sebbene notevole. I suoi testi restano "Un Messico napoletano", "Tropico di Napoli", "Figli di un Bronx minore" ed è per questo che coscientemente mi rovino la giornata. Perchè è un pugno nello stomaco e come tale, l'unica cosa che ti ridà attenzione laddove, ai nostri giorni e alle nostre latitudini, l'attenzione è bellamente soppressa.
A Napoli si dice: "Ma chi toffafà!" e questo basta a raccoglierne il senso. Grande Peppe, avanti così. Andrea De Gruttola
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