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Il campo del vasaio

Andrea Camilleri – 273 p. – Sellerio – euro 12,00

Data: martedì, 22 aprile 2008 - ore 23:19

Era da tempo che avrei voluto commentare Salvo Montalbano. Per l’occasione, facciamo un tandem di gialli di Camilleri, perché la magia che si tira dietro il mondo dello scrittore siciliano è qualcosa di veramente unico. Quand’ero piccolo lessi Malaria, di Verga, e fu una sottile spina che non se n’è più andata; Camilleri ha spinto quella spina giù in profondità, in un posto dove niente e nessuno potrà mai andarla a riprendere. Il punto chiave sono le atmosfere; come nella novella citata prima, anche qui viene anzitutto lo scenario, poi la storia. Le due entità si amalgamo con una densità constante e voluttuosa, senza grumi o intoppi di sorta. E’ qui che sta il genio di Camilleri. Chi vi scrive si è innamorato della Sicilia dopo avere letto tutti i romanzi di Montalbano e di conseguenza ci ha fatto un viaggio per consacrare l’emozione dell’idea. Questo è il potere dell’Andrea nazionale. La polvere della terra entra nelle narici, il sole brucia la pelle, il mare sciaborda all’infinito, la brezza leviga i capelli, la gente parla la lingua madre che tu comprendi a volo come in una babele apocrifa dei giorni nostri. Soprattutto c’è una Sicilia moderna raccontata come se fosse un romanzo dell’ottocento. Il fascino di un retrò mai sopito, neppure in mezzo ai cellulari e le diavolerie tecnologiche dei nostri tempi. Camilleri si prende il lusso (a ragione!) di raccontare un mondo come potrebbe e, forse, dovrebbe essere: un mondo più lento, senza accelerazioni né brusche sterzate. Un mondo genuino fatto di cose semplici, come gli ingredienti citati prima; dove la natura vince ancora sull’arroganza dell’uomo. In questo specifico frangente, l’ultima fatica di Camilleri/Montalbano, si incentra tutta sulla maliarda di turno che muove le fila di una commedia neanche poi tanto fantastica. E nel profumo della sua pelle e le movenze da tigre assassina, tutti cascano più o meno nella sua trappola. Compreso Mimì Augello, che questa volta, mette da parte tutto il vissuto e le promesse e si lancia in una disastrosa corsa all’indietro che fu. Toccherà a Montalbano, al solito, riuscire a ritrovare l’amico di sempre e rigirare il ben servito alla mantide che tanto scompiglio si è portata dietro in commissariato; per farlo, dovrà superare se stesso, quello poliziotto, uomo di legge e onestà, e quello umano e fragile, che alle volte è più vero del commissario. Il campo del vasaio è citazione coltissima dalle sacre scritture, metafora del tradimento ma soprattutto delle conseguenze che esso si porta dietro. E come segno tangibile del “tradimento per eccellenza”, la terra smossa dall’acqua darà il via a tutta la rappresentazione che diventerà l’indagine da portare avanti. Camilleri sorprende più si avanza nel tempo; quel Montalbano che credevi di conoscere bene, quell’eroe totale e, alle volte, totalitario, perde sempre più i contorni del mito uber alles, riguadagnando quella dimensione umana che lo rende ancora più reale e apprezzato dai suoi lettori. Quell’umanità che poi diviene la chiave delle soluzioni dei suoi arzigogolati crimini.
Andrea De Gruttola
Pubblicato su LOGO n°5 mag 2008

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