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Douglas Coupland – 514 p. – Frassinelli – euro 17,00

Data: lunedì, 23 giugno 2008 - ore 19:31

Coupland qui da una delle sue prove migliori (oltre che ultima, momentaneamente). A parte il capolavoro della Generazione X, lo scrittore canadese è riuscito di nuovo a scrivere una storia che “picchia”. Dobbiamo essere onesti, l’impianto narrativo basa la sua sostanza su una base di surrealtà che alla lunga potrebbe risultare indigesta. Il punto è che, tra madri emule di “Grace” e la sua erba, padri a dir poco minimalisti, orientali malviventi e assurdamente sensibili nonché un entourage lavorativo del protagonista come dei più aberranti si potrebbe concepire, in mezzo a questa selva di genialità creativa, si potrebbe (dico si potrebbe) perdere il senso del romanzo che comunque resta quello di una denuncia alla società consumista ed all’assenza di valori che non siano quelli monetizzabili. Coupland ha messo su un bel festival di allegra e spensierata pochezza moderna portando il lettore attraverso una trama nella quale il protagonista non riesce mai a trovare una sua dimensione personale, qualcosa che lo renda autonomo e unico nella sua (speriamo solo inventata, mah…) realtà. E i suoi falliti tentativi di isolarsi “positivamente” dal groviglio dei suoi affetti rimangono incompiuti fino all’ultima pagina, dove, nel pervasivo alone ludico-tecnologico appare come un diavolo una figura inquietante che è in tutto e per tutto Douglas Coupland, già proprio l’autore, il quale si ritaglia un ruolo cameo omonimo nel quale vessa e condanna il protagonista ad una fine di emarginato senza appello. Come sempre, Coupland è da leggere a valle di un processo autogeno perfettamente riuscito, pena un suicidio inevitabile.
Andrea De Gruttola
Pubblicata su LOGO n°7 lug 2008