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Terroni

Giancarlo De Cataldo - 137 p. - Sartorio - euro 13,00

Data: mercoledì, 18 febbraio 2009 - ore 0:12

Il “giudice” De Cataldo affresca uno spicchio della sua terra, la coltura della sua genesi. Fa quest’operazione come un tributo al suo passato di scrittore d’hobby e non di mestiere. Riprende una raccolta di carte e racconti facendoli rivivere col piglio dello scrittore navigato che è diventato. Un prima e un dopo che lasciano il tratto. Il pretesto del viaggio in pullman, con quest’immagine inflazionata delle due snob meridional-radical-chic che vomitano infamia sulla terra che le ha pasciute, diventa scusa e abbrivio per partire in un viaggio letterario attraverso un sud amato e difeso come un padre come un figlio. Giancarlo tocca e analizza con finezza poetica condita di un’ironia d’altri tempi, molti di quegli aspetti note alle più popolari e populiste delle cronache. Un Sud arso e fangoso, morbido e tagliente, onesto ma corrotto, metafora del carattere umano, borghese falso e cortese, la massa indolente che crogiola al sole del meridione; quel benessere indotto dalla condizione geografica che è alibi, ormai più riconosciuto, dell’inerzia di una parte del meccanismo Italia. Una macchina a due velocità con questa zavorra a regimi lenti che frena il tutto. L’organismo col tumore alle parti basse, quella diagnosi senza scampo che condanna senza appello. Una rappresentazione del bianco della terra bruciata dalla luce e l’azzurro che disegna i confini del cielo, qualcosa che dovrebbe dettare il ritmo mentre invece ne scandisce la fine. I pochi che aguzzano un ingegno votato al lato sbagliato, una rivoluzione d’intenti fomentata dai più neri ed egoistici principi, il tutto giustificato dalla delega di un popolo intero che rinuncia a lottare se non per ragioni retoriche. Questo è il meridione di De Cataldo, con occhio alla terra d’origine, perno della Gens Apuliae ridotta a rango di bestiame in questo secolo di sconsiderata modernità.
Andrea De Gruttola

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