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Il Carbonio regola tutto.
spedito da: Andrea
Data: lunedì, 9 giugno 2014 - ore 0:9


Per secoli si è andato dietro l'idea che il mancato incastro di sentimenti fosse qualcosa di innaturale, che andasse contro le leggi dell'universo. Ci si è appellati spesso alla malasorte come connotazione puntuale, negativa, qualcuno con più spessore dialettico ha invocato il fato altri semplicemente il caso, imparziale esecutore. Oggi, più pragmaticamente, si parla di "chiusura" che è una parola dai mille significati; dalla terminazione di un evento, di un percorso che ricongiunge punti di partenza e di fine, al confinio di qualcosa in una porzione di spazio limitata e ben definita. Soprattutto, alla volontà di mettere fra se' e il resto del mondo, umano s'intende, una barriera protettiva e ben architettata. Complessa, affastellata di sovrastrutture arzigogolate per difficoltà di carattere o per obiettivi a lungo termine da missione impossibile: alle volte anche per conclamata ignoranza di ciò cui andiamo in cerca. Tutto questo per non incastrare e farsi incastrare, nel senso di sopra, perchè l'emancipazione conquistata a suon di crisi e apparenti salvacondotti ci ha reso altro che indipendenti e forti, bensì fragili come il più fragile dei cristalli. Così qualcuno fa il diamante, cercando di tirarsene fuori ma un punto ce l'ha, difficile da trovare, difficile da colpire nella giusta direzione e intensità, ma pur sempre vulnerabile ed esposto come gli altri alla possibilità di finire in frantumi. Non è più, come all'inizio di quest'era di solitudine tecnologica, un raro esempio che si faceva germe dell'epidemia odierna, bensì un tentativo ante-litteram di non farsi acchiappare dall'ondata di disperazione di questi figli ben vestiti, ben puliti e nutriti, ordinati e sognatori; figli che si muovevano e che si muovono tra altre onde di disperazione, senza più luci a tracciare rotte, senza più sogni a incollare anime. Così, si da il caso che gli sguardi di occhi lucidi dalla stanchezza, che ancora non sa di mutare nella disperazione di cui sopra, raccontino di come colpire il punto giusto di quel diamante, farlo sgretolare senza averne neanche avuto l'intenzione. Conta poco. Quello che conta, è che la polvere te la ritrovi ai piedi e capisci che qualcosa è andato storto. Ma non quando la vedi, già prima, prima ancora di pensare di vivere certe cose, prima di tutto. Le fronde di alberi sottili si muovono, indolenti, mentre il cielo slavato tenta di fare da sfondo. Una ragazza è seduta, composta al bordo di una panchina, come se dovesse dare un'esame. Un ragazzo è al lato, più scomposto, a braccia larghe e con uno sguardo che tenta di dissimulare saccenza ed arroganza. Invece lei è quella tranquilla, l'altro invece ha il fuoco in corpo, che ormai controlla come un mago di terz'ordine, che cerca di ridurre a rigurgiti interni roventi e corrosivi. Ecco come finisce la carriera di un diamante e se ne inizia una di grafite: sperando che il legno che la circonda possa proteggerla da tutto il resto, i denti di un bambino, le unghie di un adulto persino la lama di un temperino. In fondo, la differenza tra i due, sta soltanto nella diversa disposizione delle sostanze elementari che li compongono: cambiare la struttura dei nostri sentimenti può renderci incredibilmente resistenti ma altrettanto fragili, basta davvero poco.
Forse per questo che ci "chiudiamo", non ci interessa neanche capire da che parte potremmo finire in frantumi. Meglio rimanere intatti e puri sembrerebbe, senza che nessuno, però, abbia a godere di tutta quella luce.

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On-line dal 28 gennaio 2007 | credits: Andrea De Gruttola | contatti | disclaimer: il materiale riprodotto è di proprietà dell'autore e di tutti coloro che, opportunamente citati, abbiano fornito il consenso all'utilizzo. | Il Numero Imperfetto © 2006 Il Filo Editore S.r.l., Roma - www.ilfiloonline.it | Senza Fine © 2009 AltroMondo Editore, Padova - www.altromondoeditore.com