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L'estetica del Male
spedito da: Andrea
Data: giovedì, 8 gennaio 2015 - ore 20:18


Nel seguire le vicende francesi, centro di gravità del confronto umano delle ultime quarantott'ore, non ho potuto fare a meno di provare, io davvero poco empatico, un orrendo deja vù emotivo; quando, più di dieci anni fa, rimasi intontito dinanzi ad un televisore a tubo catodico a fissare il loop visivo di due aerei che si infilavano in due delle torri più famose del mondo "libero". Ciò che allinea i miei sensi in maniera così inaspettata e forte da farmi sentire l'impulso di comunicare scrivendo (tralaltro di temi d'attualità, pratica quanto mai esecrata dal sottoscritto per svariate ragioni), sta tutta nella fruizione dell'evento tragico che l'immediatezza dei moderni sistemi di comunicazione ci portano in dono. Così resti a fissare il video del poliziotto "finito" sul selciato di un marciapiede, senza il supporto salivifico della dimensione di fiction perchè quello che stai guardando non è un film ma la realtà e nella realtà, la gente sui marciapiedi ci cammina, magari per andare chissà dove, non certo per prendersi il colpo di grazia manco fosse un soldato in zona di guerra. Non solo, ma ti fissi, con fervida immaginazione, a figurarti l'attimo nel quale due sconosciuti, mossi da furore privo di ogni raziocinio (semmai fosse possibile), sfondano una porta e falciano a colpi di kalashnikov dodici individui intenti a discutere dell'uscita di un giornale, impegnati in una riunione come tante facciamo alcuni di noi altrettanto di frequente. Ti concentri sulle loro vite, avulse da logiche di violenza fisica brutale, sulle loro ultime parole, sui loro ultimi (ignari) gesti meccanici compiuti prima di uscire di casa, anche qui, per l'ultima volta. Tutto questo lo fai così come lo feci io dinanzi ai due aerei di cui sopra: l'immagine del tizio che vola dal grattacielo dandosi una personale morte, di per sè inevitabile, abbracciando il vuoto anzichè l'opprimente idea di schiacciarsi tra le macerie di un crollo, la sua camicia che svolazza nel vento di velocità della caduta. Questo mi rimane, vivido, fisso nel ricordo: il resto è già storia. Mi colpiscono, prima ancora che le inevitabili connessioni socio-politico-religiose, gli aspetti collaterali di tutto il circo tremendo andato in scena. Come se tutte le persone vagassero apatiche tra le giornate, attendendo eventi che li catalizzino uno verso l'altro, seguendo scie di bit senza neanche prendersi la briga di capirne di più di slogan costruiti rapidi e scivolosi per addensare consensi o indignazione con la data di scadenza. Mi sono chiesto perchè e la risposta l'ho trovata proprio nell'attenzione e nell'esaltazione dei dettagli della vicenda, quelli che la mente razionale sposta dal percorso percettivo, li scarta perchè non aderenti a logiche elementari: non si muore in ufficio, non si muore giustiziato su un marciapiede di parigi, non si muore se non sei un malvivente in un conflitto a fuoco con la polizia o un soldato in guerra. E questo accade perchè il male ce l'ha una sua estetica, che ne valorizza il messaggio di caos che porta con sè e sa quando esaltarsi e lasciare il segno: proprio minando le percezioni elementari di cui sopra. Così come quando gli aerei entrarono nelle torri: gli aerei non si schiantano contro i palazzi, questo pensai di fronte quelle immagini anni fa, denunciando un'emotività da beota. Il male che sceglie il pugno allo stomaco per recapitare il suo messaggio, non il blando scorrere di notizie su stragi ben più sanguinose quotidianamente registrate in mercati di città mediorientali dove la gente, scesa a comprare cibo, salta in aria dilaniata da ordigni costruiti da mani altrettando misere e primitive, lontane dal nostro immaginario occidentale e perciò declassate a "cose che accadono, si sanno, là è così" e via ad andare. O peggio ancora di migliaia di morti per malattie incurabili dovute a sversamenti di sostanze tossiche nei terreni adibiti all'agricoltura: colpevolmente lento il rapporto causa-effetto, troppo rispetto alla percezione di una raffica di proiettili o alla deflagrazione di un ordigno. Questo mi agghiaccia più di tutto, la consapevolezza che si ha del senso che la tragedia porta con sè, il relativismo legato agli eventi e alla loro finestra temporale, la "forma" che il male sceglie determinate volte per compiersi.
"L'attentato alla libertà di stampa" è solo il concetto dietro cui addensare gli scacchisti delle ulteriori stupidità umane: non sarà questo a fermare "la libertà di stampa", non diciamo idiozie, che anzi vedrà ancora più vigore nell'esaltarsi e compattarsi lungo il fronte comune del Male incarnato dagli integralisti e per questo benedetti da tutti i guerrafondai globali e i lobbisti usuali dell'entourage bellico. La libertà di stampa è già ampiamente mortificata dalle logiche di potere, dalle storture del sistema economico che vede i giornalisti di tutti i quotidiani guadagnarsi il pane pagati da gruppi e holding e magnati che siedono a tavoli di congreghe che gli stessi giornalisti dovrebbero denunciare. Un corto circuito paradossale dove le "schiene-dritte" non esistono davvero più e si fa la figura dei fessi a star dietro ed ad annuire e a schierarsi per tutto quello che viene scritto e/o mostrato in video.
Sono morte dodici persone, questo è quello che rimane perchè è l'unica verità assoluta: il resto è materia da annoiati e da vuoti a perdere vessilli di stupidità. Ancora una volta è l'essere umano che ne esce sconfitto, senza cercare di trovare il giusto in alcune parti del mondo e lo sbagliato in altre. E non è perchè non ci si voglia sforzare di capire ma perchè la storia ci insegna che sempre così è stato e sempre così, ahimè, è e sarà. Charlie Hebdo è una ulteriore tappa del percorso del male su questa terra: non è la prima nè sarà, inevitabilmente, l'ultima.

commenti: 1

>>torna a casa...


poco da dire ...molto da riflettere
spedito da: roberto
Data: martedì, 13 gennaio 2015 - ore 0:19


buon pezzo Andrea. Sicuramente rispecchia una profonda parte del tuo essere. Chissà se riuscirai a dare un seguito concreto a tutte le tue (ben descritte)riflessioni !



>>torna a casa...


On-line dal 28 gennaio 2007 | credits: Andrea De Gruttola | contatti | disclaimer: il materiale riprodotto è di proprietà dell'autore e di tutti coloro che, opportunamente citati, abbiano fornito il consenso all'utilizzo. | Il Numero Imperfetto © 2006 Il Filo Editore S.r.l., Roma - www.ilfiloonline.it | Senza Fine © 2009 AltroMondo Editore, Padova - www.altromondoeditore.com